La voce del viso
Lucio battisti
Per insignificanti movimenti
Tanti e tanti il volto è tutto
E tutto sta raccolto sopra il tuo bel volto. Lingua che sei straniera
E non si sa se vuoi che io ti distingua dalla mia
O se mia lingua ti finga
Bocca di gradazioni, intera gamma
Dalle predilezioni alla maniera amara
Bocca che mi sei cara
Appena appena schiusa quando armatura in te
Quella fessura è un dissuadendo le svariate forme labili d'espressione
Per tentativi ed approssimazione
Ed il tuo volto è tutto nel momento in cui
Passando sopra alla tua immagine
Della quale è troppo facile dire che in superficie
Affiori l'anima passando sopra la tua immagine, invece
Ci si vede intraducibile l'estraneità al lavoro. Ché il volto è tutto
Ma non è del corpo, al quale pare unito
Il corpo, contentando il senso della nutrizione
E il viso l'ascensione l'assolvenza dell'inappetenza
Perché un bel volto bello se lo si può guardare è un disimparare
Del mondo questo e quello
Così ci s'innamora di un viso in cui
L'estraneità lavora. Il corpo segue
Come un testimone casalingo e familiare
Di questa apparizione
In su la cima. Quest'opera sensibile
Il tuo volto che si manifesta ed è
Oltre l'ordine della natura
E come tutti I portenti tende a scomparire
Più cerchi di tenerlo a mente e nelle spire
Dei ritrovamenti portentosi
E la voce del viso allora nemmeno
Ricorre ai miracoli
Non un riso, un pianto
Non una smorfia densa d'oracoli
Ma dà senso quella voce a un solo volto che sotto il mio
Rotola, si ferma e freme, alle mie mani preme
Perché lo riporti in cima
In vetta al suo sistema dei piaceri
Secondo un canone, un precetto ed una disciplina
Che inumidisce I capelli e per discrezione stende
Un velo di madore sulla pelle
Ti spadroneggia allora il tuo godio
Disincantato in quanto
Più è restio al racconto lenitivo
Al riassunto giulivo. E non è riso appunto
E non è pianto il tuo perché il racconto è il riso e pianto il suo riassunto
Sul viso la sintassi non ha imperio, non ha nessun comando
Tanti e tanti il volto è tutto
E tutto sta raccolto sopra il tuo bel volto. Lingua che sei straniera
E non si sa se vuoi che io ti distingua dalla mia
O se mia lingua ti finga
Bocca di gradazioni, intera gamma
Dalle predilezioni alla maniera amara
Bocca che mi sei cara
Appena appena schiusa quando armatura in te
Quella fessura è un dissuadendo le svariate forme labili d'espressione
Per tentativi ed approssimazione
Ed il tuo volto è tutto nel momento in cui
Passando sopra alla tua immagine
Della quale è troppo facile dire che in superficie
Affiori l'anima passando sopra la tua immagine, invece
Ci si vede intraducibile l'estraneità al lavoro. Ché il volto è tutto
Ma non è del corpo, al quale pare unito
Il corpo, contentando il senso della nutrizione
E il viso l'ascensione l'assolvenza dell'inappetenza
Perché un bel volto bello se lo si può guardare è un disimparare
Del mondo questo e quello
Così ci s'innamora di un viso in cui
L'estraneità lavora. Il corpo segue
Come un testimone casalingo e familiare
Di questa apparizione
In su la cima. Quest'opera sensibile
Il tuo volto che si manifesta ed è
Oltre l'ordine della natura
E come tutti I portenti tende a scomparire
Più cerchi di tenerlo a mente e nelle spire
Dei ritrovamenti portentosi
E la voce del viso allora nemmeno
Ricorre ai miracoli
Non un riso, un pianto
Non una smorfia densa d'oracoli
Ma dà senso quella voce a un solo volto che sotto il mio
Rotola, si ferma e freme, alle mie mani preme
Perché lo riporti in cima
In vetta al suo sistema dei piaceri
Secondo un canone, un precetto ed una disciplina
Che inumidisce I capelli e per discrezione stende
Un velo di madore sulla pelle
Ti spadroneggia allora il tuo godio
Disincantato in quanto
Più è restio al racconto lenitivo
Al riassunto giulivo. E non è riso appunto
E non è pianto il tuo perché il racconto è il riso e pianto il suo riassunto
Sul viso la sintassi non ha imperio, non ha nessun comando
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