Vado a canossa
Alessandro grazianpovero sciocco, sporco di arroganza
sbandiero a stento la mia stolta presenza
in questa casa, malata di bellezza
di dolci amori che fieri fanno breccia
tra le pareti che turbano i profumi
dei miei ricordi che mai sono in disuso
e mi rivedo ferito in questo specchio
drenare gioia dal mio secchio
io non sono che un dolce tordo
pilota cieco con le ali di ferite
dal volo scarno in bottiglie di carne
che ha perso tutto, la spada ed il suo lutto
che taglia i rami che portavano il frutto
e graffia graffia la gola tra le mani
e sta a lagnare di quanto siamo umani
mettendo all'indice il suo vivere male
in posizione orizzontale
io non sono poi tanto ardito
ricco di niente, lido di fiacchezza
avvezzo ai torti che computo in stanchezza
in questo borgo melenso e capriccioso
vado a Canossa con uomini penosi
che son le facce di tutte le monete
che ho nelle borse degli occhi e della sete
e mi ritrovo feroce in questo fosso
come un cane senza l'osso
io non sono che un petulante
sono intristito dal non essere felice
aduso a tutto tranne che a un po' di pace
sotto una benda che ho posata sul costato
ho tutto il vuoto da recidere al passato
che mi ha colpito mentre già mi consolavo
di tutti i sogni che affogavo nel mio lago
e adesso piango un bacio che ne vale un'oncia
del mio amore trafitto a lance
vado a Canossa, vado a Canossa