Nel peggio
Marlene kuntzin quell'istante dall'indicibile odore,
d'esser carcassa per marcescente ormeggio
s'accorse con assai dolente stupore.
Al porto dei rottami presi in ostaggio
da un vento grato solo a qualche uccello
capì che non era un sogno nè un miraggio
all'urto con la banchina e al duro scrollo.
Denso il mare che no, non ondeggia più (DERIVA!)
limaccioso come un vizio e niente più (FINITA!)
Denso il mare che no, non disperde più (DERIVA!)
paludoso e osceno stagno, niente più (FINITA!)
Sentì una falla aprirsi e captò un dileggio,
come ci fosse alcuno al suo tracollo.
La chiglia del suo charme (un guscio greggio)
lo dette in pasto a un mare mai satollo.
Denso il mare che no, non ondeggia più (DERIVA!)
limaccioso come un vizio e niente più (FINITA!)
Denso il mare che no, non disperde più (DERIVA!)
paludoso e osceno stagno, niente più (FINITA!)
E si laciò succhiare da quel peggio
con una smorfia di vacuo splendore
legandosi a quel marcescente ormeggio:
impiccato! (senza mostrar dolore)
Ma poi la corda, marcia, si sfilacciò.
La presa al collo lentamente allentò.
L'abietto si staccò sprofondando
per toccare tristemente il fondo.